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Nonantola e chi viene da lontano. Che fare?

Sia chiaro: non sottovalutiamo la difficoltà a entrare in relazione con chi parla una lingua diversa, mangia cibi diversi, ha abitudini, stili di vita, religione diversi. Ma che questo sia diventato il nostro problema principale – più della disoccupazione, del degrado delle condizioni di lavoro, dell’impoverimento, della difficoltà ad avere una casa, della chiusura o privatizzazione dei servizi per la prima infanzia, eccetera, eccetera – è un assunto che faremo di tutto per smontare.

Sebbene sia sul terreno del lavoro con immigrati e richiedenti asilo che molti dei firmatari di “Una mano per Nonantola” si sono conosciuti e si sono messi alla prova a partire da questioni molto concrete, a volte ci viene da pensare che una delle cose più sensate da fare sarebbe parlarne il meno possibile. Smettere di portare il tema dell’immigrazione, dei “profughi”, dell’accoglienza al centro del dibattito culturale e politico.

Mettiamola così, le condizioni di vita degli immigrati hanno sì una centralità e una specificità nel nostro programma politico, ma principalmente per il fatto che permettono di vedere meglio e più chiaramente, come una sorta di lente di ingrandimento, problemi che in realtà riguardano tutti i nonantolani: la casa, il lavoro, l’accesso ai servizi, la qualità della scuola, il bisogno di radicamento.

Per prima cosa siamo convinti che non si debba separare la partita dell’accoglienza a richiedenti asilo (cosiddetti migranti forzati) da quella più generale dell’immigrazione (cosiddetti migranti economici) e quest’ultima dai nodi sociali e culturali che riguardano tutti, cittadini di origine italiana e cittadini di origine straniera. Integrazione delle persone significa anche “integrazione” dei servizi, dei settori dell’amministrazione e dei pezzi di società. È fondamentale che, soprattutto di fronte ad alcune situazioni complesse, scuola, servizi sociali, edilizia residenziale pubblica, ecc. lavorino insieme e non per compatimenti stagni.

Nello specifico, per quanto riguarda la fine del sistema d’accoglienza e la sorte dei circa 70 richiedenti asilo presenti a Nonantola da ormai tre anni, pensiamo che sia importante:

– insistere nell’opera di vicinato che una rete di persone e associazioni hanno intrapreso con queste persone. Uno dei problemi principali nella gestione italiana dell’accoglienza, dal 2011 a oggi, è stata la separazione dei richiedenti asilo dai contesti di vita in cui erano inseriti. Negli ultimi anni, Nonantola ha rappresentato un’eccezione positiva a questa “regola”. Eccezione che noi intendiamo valorizzare e potenziare;

– affidare all’amministrazione un ruolo di regia politica forte nei processi di integrazione dei richiedenti asilo e non lasciare che enti gestori privati e cooperative sociali operino senza un confronto serrato con i territori e chi li abita, nell’illusione di evitare in questo modo problemi e conflitti;

– affrontare di petto, sperimentando nuove forme di garanzia all’affitto, il problema dell’accesso a una casa dignitosa, che per molti immigrati, anche con regolare permesso e con contratti di lavoro stabili, sta diventando un ostacolo quasi insormontabile;

– relazionarsi e confrontarsi, in un atteggiamento dialogante ma fermo, con Prefettura, Questura, Agenzie delle entrate, Centro per l’impiego, associazioni di categoria per superare i mille quotidiani intoppi burocratici che rendono qualsiasi processo di integrazione praticamente impossibile;

– facilitare la costruzione di alleanze tra “marginali” e “vulnerati”. La logica associativa dell’alleanza tra “diversi” ispirata al principio federativo che rifiuta l’inquadramento burocratico dall’alto e ogni astratta pretesa omologante deve riguardare gli immigrati come gli autoctoni. Per questo cercheremo di facilitare e sostenere tutte le forme di auto-organizzazione e di mutuo aiuto che esistono o che nasceranno tra e con gli immigrati che vivono a Nonantola, immaginando anche forme di partecipazione politica laddove l’assenza della cittadinanza impedisca lo strumento del voto o della candidatura politica;

– promuovere occasioni di formazione e informazione sui paesi e le culture di provenienza degli immigrati. Per capire meglio il sommovimento che in questi anni interessa una vasta parte del mondo, le condizioni dei viaggi e dei paesi delle persone che lasciano la propria casa per venire a vivere a Nonantola, le norme che regolano l’arrivo e la loro permanenza in Italia, le dinamiche e i conflitti che si generano nell’incontro tra chi scappa e chi accoglie. A partire da percorsi con i bambini delle scuole di Nonantola – materne, primarie e secondaria – da corsi di formazione per i loro insegnanti, da incontri di interesse pubblico per i cittadini;

– iniziare a immaginare strategie alternative e “uscite di sicurezza” anche per coloro che si vedranno rifiutare la domanda di protezione internazionale. Uomini che hanno frequentato i nostri servizi, che hanno mangiato alla nostra tavola (o noi alla loro), che si sono spesi in vari modi per questo territorio, con cui abbiamo litigato, con cui abbiamo fatto festa, con cui abbiamo stretto rapporti di amicizia. Il diritto a vivere una vita dignitosa non può dipendere esclusivamente da un permesso di soggiorno.

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