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Servizio sociale e lavoro di comunità

Nel gennaio di quest’anno, quasi dieci mesi fa, il Consiglio Comunale di Nonantola ha approvato un ordine del giorno“per lo sviluppo ed il consolidamento di una rete locale di intervento per il contrasto alla povertà ed all’esclusione sociale”. In quel testo noi e i diversi gruppi consiliari che l’hanno firmato facevamo esplicito riferimento alla necessità di costruire una rete locale di intervento che coinvolgesse le associazioni di volontariato e le associazioni di categoria, i sindacati e le organizzazioni del privato sociale per tentare di contrastare con efficacia le tante e diverse situazioni di povertà e marginalità che in maniera sempre più preoccupante interessano Nonantola. Il testo si concludeva impegnando il Sindaco e la Giunta “a realizzare una rete locale di intervento per il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, con l’istituzione di uno specifico strumento operativo: il ‘Tavolo Inclusione’”. Chi volesse rileggerlo nella sua completezza, e consigliamo di farlo visto il respiro ampio che lo informava ma anche le linee di intervento pratico che delineava, lo trova QUI

Il 25 ottobre scorso, con deliberazione n. 71, la Giunta dell’Unione del Sorbara ha deliberato:

  1. di istituire, per le finalità indicate in premessa, un tavolo inclusione quale luogo di implementazione, coordinamento e messa in rete di azioni/interventi volti al contrasto della povertà economica, educativa e relazionale, composto dal:  consigliere/assessore delegato area Welfare;  responsabile e coordinatore area inclusione del Servizio Sociale Territoriale dell’Unione, dal coordinatore del Centro per le famiglie dell’Unione, da un referente del Servizio Scuola e da un referente della Polizia Municipale;  referente istituto comprensivo F.lli Cervi di Nonantola;  presidente della consulta in rappresentanza delle associazioni/organizzazioni attive sul territorio di Nonantola, che saranno, di volta in volta presenti al tavolo sulla base della tipologia degli ambiti di intervento affrontati. Al tavolo possono essere invitate altre organizzazioni/enti;
  2. dare atto che il tavolo inclusione si incontrerà a cadenza periodica e sarà coordinato dal responsabile del servizio sociale territoriale o suo delegato;
  3. dare atto altresì che il Servizio Sociale Professionale rimane competente nella elaborazione del progetto personalizzato, nella definizione degli obiettivi e delle azioni/interventi da attuare nei confronti dei nuclei familiari in condizione di bisogno.

Questo il dispositivo previsto dalla delibera. Orbene, ci sembra che le soluzioni e le linee operative indicate non corrispondano a quanto precisato nell’ordine del giorno sopra citato, alle necessità e agli obiettivi di fondo che caratterizzavano la proposta di costruzione di una rete locale che implementasse e arricchisse il lavoro dei servizi sociali e che favorisse la crescita di una consapevolezza e di una disponibilità a un approccio solidale e di condivisione della comunità per affrontare le situazione di disagio e di fragilità presenti al proprio interno.

Non si potrà mai dare risposte adeguate alle esigenze e alle domande della parte più debole della nostra comunità con il solo lavoro, pur prezioso e qualificato, dei servizi sociali territoriali, per quanto potenziati potranno divenire. Così come il volontariato e la società civile non saranno mai in grado, ci mancherebbe, di sostituire chi il lavoro sociale lo fa per professione e mandato istituzionale. Ma l’importante è essere consapevoli che da soli e isolati, tutti quanti – servizi, volontariato e società civile – abbiamo le armi spuntate di fronte agli enormi problemi di coesione, sicurezza e giustizia sociale in cui anche il territorio di Nonantola si trova immerso. Problemi, si badi bene, che non riguardano soltanto una minoranza “esclusa”, come poteva essere fino a qualche anno fa, ma che interessano, più o meno direttamente, molte delle famiglie del territorio: pensiamo alla difficoltà di trovare un alloggio dignitoso, un lavoro stabile e gratificante o strumenti di sostegno a chi in casa convive con persone fragili, disabili, anziani. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Vi sono funzioni, attività e azioni che sono proprie di una comunità che si vuole fare carico del benessere materiale, relazionale e culturale di tutti i propri componenti. E a questa comunità è fondamentale che la politica dia fiducia a partire dalle associazioni di volontariato, le organizzazioni economiche e di rappresentanza e gli attori portatori di innovazione sociale attivi sul territorio.

Pensiamo che la soluzione implicita nella delibera della Giunta dell’Unione sia sostanzialmente di tipo amministrativo. Che obiettivi si ritiene possa conseguire una rete che non si componga e si avvalga del contributo del volontariato impegnato nel sociale?

La risposta deve essere politica, non amministrativa. L’obiettivo deve essere il pieno coinvolgimento di quanto si muove sul territorio, la riconnessione del tessuto sociale, la responsabilizzazione e l’attivazione sinergica delle risorse, delle persone, della comunità e delle istituzioni.

I fronti su cui dovrà intervenire il “tavolo inclusione” sono diversi e riguardano sia questioni per così dire individuali (di singole persone o di nuclei familiari) attinenti alle cause che hanno determinato situazioni di esclusione e marginalità e alle vie, necessariamente creative e sperimentali, attraverso cui provare a uscirne; sia questioni di carattere più generale, che investono l’intera società. Per citarne alcune: 

  1. il reperimento di alloggi. Questa è una vera emergenza su cui coinvolgere tutti e sulla quale ogni componente deve fare la propria parte: vi sono tantissimi alloggi sfitti e su questo dobbiamo impegnarci a individuare proposte che consentano la messa in circolo e l’utilizzo di questo patrimonio;
  2. il lavoro, altra questione decisiva per consentire l’avvio dei percorsi di fuoriuscita dalle precarietà. È necessario mettere in rete tutte le azioni necessarie a cogliere le opportunità che il mercato del lavoro può offrire iniziando dal nostro territorio;
  3. consentire e favorire l’esercizio del diritto di cittadinanza, partendo dalla implementazione della capacità operativa e di intervento dei servizi sociali, potenziando e qualificando i presidi e le prestazioni dei servizi socio-sanitari e recuperando prontamente la distanza e le difficoltà di accesso che la pandemia ha contribuito a scavare tra servizi, uffici e cittadini;
  4. fronteggiare con adeguate azioni il tema delle dipendenze, vecchie e nuove;
  5. favorire l’inclusione dei nuovi cittadini provenienti da tutte le parti del mondo attraverso una interazione attiva e solidale;
  6. occuparsi di tutte le fragilità, non solo quelle economiche, che purtroppo segnano profondamente tante situazioni di disagio.

Ciò detto, è conseguente portare alcune considerazioni:

  1. la composizione del “tavolo inclusione”, un consesso composto da figure istituzionali, con la sola aggiunta del Presidente della Consulta del Volontariato, è da ritenersi assolutamente inadeguata rispetto agli obiettivi sopra richiamati. Si segnala inoltre l’esclusione dal tavolo del Centro Intercultura, la cui presenza sarebbe fondamentale in linea generale e in particolare per le relazioni che ha in essere con le tante famiglie di origine straniera presenti sul territorio e il loro processo di inclusione;
  2. la presenza al tavolo della Presidente della Consulta del Volontariato non può ritenersi esaustivo del coinvolgimento delle associazioni e impraticabile sarebbe la funzione di rappresentanza;
  3. il fatto che il tavolo sia coordinato dal responsabile del Servizio Sociale Territoriale è corretto e funzionale ma è altrettanto decisivo che sia convocato e diretto da una figura politica, quale l’Assessore alle politiche sociali, perché le funzioni e gli obiettivi principali sono di ordine politico;
  4. così come è fondamentale che oltre al responsabile dei Servizio Sociale partecipino al tavolo anche le figure operative, o almeno una loro rappresentanza;
  5. se la soluzione adottata risponde a esigenze burocratiche, formali, delle funzioni amministrative di osservanza di protocolli, la si può intendere e comprendere, se però fattivamente si attiva un tavolo che veda la partecipazione di tutti i soggetti sopra indicati;

Il tempo trascorso tra l’approvazione dell’ordine del giorno (28/01/2021) e la delibera della Giunta dell’Unione (25/10/2021) lascia chiaramente intendere quanto sia necessario che su queste questioni si ponga un’attenzione e una persuasione maggiore.

Pensiamo che la collettività, le associazioni di volontariato, le organizzazioni di rappresentanza, e tutti gli attori operanti sul sociale nel territorio siano pronti a fare la loro parte.

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