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Il cambiamento climatico: l’onda più grande

Mentre scrivo, l’Emilia Romagna sta per diventare di colore “bianco”, dopo essere stata per molto tempo rosso vivo! Significa che il tasso di contagio sta arretrando e che quindi, forse, quest’estate, che ormai è esplosa da qualche giorno, riusciremo ad uscire e a riprendere un po’ di socialità. Già. Questo “Covid-19” ci ha tolto la possibilità di stare serenamente con gli altri, oltre che, cosa ancora più grave a mio avviso, aver causato perdite di vite umane ben superiore alle previsioni. Il Covid-19, l’onda più piccola nell’immagine che apre questo testo, ci ha fatti cadere nella paura, quella più spaventosa di tutte: la paura dell’ignoto. Non conoscevamo questo virus e lo conosciamo poco anche oggi, sebbene sia passato più di un anno. Eppure la sua venuta non deve stupirci: gli scienziati dicono che sia la conseguenza della “deforestazione selvaggia e incontrollata che altera gli ecosistemi. Gli uomini stanno invadendo e riducendo progressivamente l’habitat di molte specie selvatiche e uno dei frutti (avvelenati) di questa convivenza forzata è lo spillover” (Valerio Rossi Albertini, “Un pianeta abitabile”, Longanesi editore, ottobre 2020). Lo “spillover” è il cosiddetto salto di specie: pare che dei pippistrelli, che ospitavano il coronavirus nel loro organismo, abbiano “contagiato” gli uomini, senza alcuna intermediazione, così, facendo un salto da una specie ad un’altra. Quei pipistrelli appartengono ad una specie presente nelle foreste orientali, che avremmo dovuto lasciare in pace.

Ma cos’è la deforestazione selvaggia e incontrollata? E’ una prassi ormai consolidata che prevede l’abbattimento di intere foreste per consentire di coltivare, ad esempio, palme da olio, che producono il famigerato “olio di palma”… sì, purtroppo è il secondo ingrediente della crema spalmabile alle nocciole più amata da generazioni! Il primo ingrediente è lo zucchero. Molti di noi sanno che nelle etichette alimentari gli ingredienti vengono elencati in base alla quantità, quindi il primo ingrediente è quello contenuto in percentuale maggiore nel prodotto, il secondo ingrediente un po’ meno del primo ma più del terzo, e così via.

Va beh, direte voi, ma noi non viviamo nelle foreste. Vero! Però le foreste fanno respirare anche noi. Gli alberi, infatti, catturano l’anidride carbonica e la trasformano in ossigeno. Portando all’estremo il concetto: se non ci fossero alberi noi non potremmo respirare. Ci avete mai pensato? Quindi, dobbiamo impedire che gli alberi vengano tagliati. Anzi, dobbiamo piantarne di nuovi. Questo può essere fatto in diversi modi, ad esempio: acquistando prodotti di aziende che rispettano l’ambiente; aderendo ad iniziative di piantumazione alberi, di agroforestazione, di adozione di alberi a distanza; protestando se nel proprio Comune si cementificano aree verdi; ecc. Dobbiamo piantare più alberi perché l’anidride carbonica, la famosa CO2, che noi uomini abbiamo immesso in atmosfera principalmente con le industrie “inquinanti”, le automobili alimentate a benzina, gli allevamenti intensivi, l’agroindustria, è davvero troppa!

Insieme ad altri “gas serra”, come il metano o i clorofluorocarburi (CFC), la CO2 ha causato il formarsi di uno strato di gas che trattiene il calore sulla Terra. Ogni giorno, infatti, i raggi del sole, che trasportano energia, raggiungono la superficie degli oceani e delle terre emerse e vengono assorbiti. L’energia si trasforma così in calore che si diffonde nell’atmosfera per poi uscire nuovamente verso lo Spazio. I gas serra impediscono al calore di uscire, quindi questo calore rimane intrappolato sulla Terra e, come in una serra, aumenta la temperatura del Pianeta.

Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che il Governo italiano ha inviato alla Commissione Europea lo scorso 30 aprile, si legge: “la temperatura media del pianeta è aumentata di circa 1.1 °C in media dal 1880 con forti picchi in alcune aree (es. +5 °C al Polo Nord nell’ultimo secolo), accelerando importanti trasformazioni dell’ecosistema (scioglimento dei ghiacci, innalzamento e acidificazione degli oceani, perdita di biodiversità, desertificazione) e rendendo fenomeni estremi (venti, neve, ondate di calore) sempre più frequenti e acuti”. Il PNRR dice ancora che “senza un abbattimento sostanziale delle emissioni clima-alteranti, il riscaldamento globale raggiungerà e supererà i 3-4 °C prima della fine del secolo, causando irreversibili e catastrofici cambiamenti del nostro ecosistema e rilevanti impatti socioeconomici”.

Ma come siamo arrivati fino a qui? Nell’immagine che segue cerco di spiegarlo.

La nostra società, soprattutto dagli anni ‘50 in poi, ha iniziato a produrre in quantità sempre più crescente beni di consumo che durassero poco e che potessero essere sostituiti velocemente da nuovi beni. Non ci si è posti il problema che le risorse naturali non sono infinite.

L’unico obiettivo era aumentare il cosiddetto PIL, cioè il Prodotto Interno Lordo, che, come è a tutti evidente, non ha però garantito la “felicità” e il “benessere” delle persone. Perché il PIL, ad esempio, non aumenta se una Mamma decide di prendersi cura del proprio bambino fino ai 3 anni di età. Aumenta solo se quella Mamma paga una babysitter. Il PIL non aumenta se il genitore anziano viene accudito in famiglia; aumenta solo se ci si avvale di una collaboratrice a pagamento. Ancora, il PIL non aumenta se un bene viene acquistato, riparato e cambiato magari dopo 10 anni. Aumenta solo se quel bene è progettato in modo tale da durare poco ed essere sostituito il prima possibile da un nuovo bene.

Qualcuno dirà: perché devo rinunciare ad avere sempre nuovi smartphone, nuove macchine, nuovi vestiti, nuovi occhiali, questa è la moda! Capisco. Ma rendiamoci almeno conto del fatto che tutto questo ha generato una degradazione dell’ambiente naturale, sia in termini di eccessivo consumo delle risorse del Pianeta, sia in termini di accumulazione di valanghe di rifiuti e ha originato la grave situazione in cui ci troviamo adesso e alla quale tutti gli Stati del Mondo devono porre rimedio in tempi brevi.

E noi cittadini possiamo contribuire in misura importante, con alcune semplici azioni, a porre rimedio alla situazione che anche le nostre abitudini di consumo hanno determinato. Da noi infatti dipende ciò che viene prodotto. Se noi non compriamo qualcosa, le imprese smetteranno di produrlo perché non c’è la cosiddetta “domanda”. Quindi, prima azione: consumare consapevolmente.

Se evitiamo di comprare beni che hanno un imballaggio in plastica, riempiamo bottiglie di vetro con l’acqua dei distributori presenti nel Comune, oppure compriamo verdure dai contadini e le portiamo a casa in cassette di legno che poi restituiamo ai contadini stessi, stiamo compiendo scelte importanti che riducono i rifiuti e riducono anche le emissioni di CO2 perché stiamo anche contribuendo a diminuire il trasporto di questi beni di consumo. Quindi, seconda azione: comprare sfuso e locale.

Non c’è due senza tre. Quale terza azione potremmo compiere? Dovremmo, per quanto possibile, usare meno le auto. Dovremmo camminare di più e usare la bici almeno per andare a scuola, al bar, in centro. E dovremmo pretendere che la strada verso il lavoro sia affiancata da una pista ciclabile seria e soprattutto sicura. In questo modo ridurremmo la produzione del cosiddetto “particolato atmosferico”, il PM10 ad esempio. Si tratta di polveri micrometriche, cioè piccole come la millesima parte di un millimetro che i nostri polmoni non riescono agevolmente a filtrare. Nell’immagine che segue riporto alcuni stralci del PNRR che sottolineano la criticità dell’inquinamento atmosferico, soprattutto in Pianura Padana:

Se siete arrivati a leggere fino a qui, forse vi è venuto lo sconforto. E’ normale che sia così. Quando viene a me, finisco con il domandarmi: ma ce la faremo ad invertire la rotta? Possiamo noi cittadini contribuire davvero? O dobbiamo attendere che “chi di competenza” risolva il problema?

La risposta che mi do è questa: io posso, ogni giorno, fare scelte consapevoli, come quelle che sintetizzo in questa immagine:

Se ogni giorno che passa aggiungo una azione “virtuosa” , alla fine avrò contribuito, insieme a “chi di competenza” a garantire un giusto equilibrio fra il mio benessere e quello delle future generazioni.

Poi vivo a Nonantola, che è una Comunità che negli anni ha saputo realizzare già tanto. Nell’immagine che segue riporto alcuni contributi, raccolti con la collaborazione degli amici dell’Associazione Anni in Fuga, che mi hanno davvero colpita e rasserenata, perché dimostrano che possiamo dare un contributo molto importante.

Quindi non perdiamoci d’animo.

D’altronde, disse il saggio: “Un lungo viaggio di mille miglia comincia con un singolo passo” (Lao-Tsu).

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