Sono un’insegnante, anzi una maestra, da tanto tempo… Ero ragazzina e andavo ad aiutare i bimbi a fare i compiti presso “Mamma Nina”, una struttura che accoglie ragazzini con problematiche familiari. Questa esperienza mi ha aperto una finestra su un mondo che non conoscevo. E quei bimbi non mi sono più usciti dal cuore.

In seguito, spronata da don Gianni Gilli, sono entrata negli scout e lì la ragazzina timida e un po’ scontrosa, da brava figlia unica, è cresciuta, si è sentita parte di una nuova comunità, alla quale, anche senza fazzolettone, si sente di appartenere ancora.

Una delle esperienze che più mi ha formato sono i quattro anni in cui ho insegnato in carcere. Anni intensi, faticosi, vissuti fino in fondo. Il senso del mio lavoro ne è uscito profondamente modificato. Tra le altre cose, ho scoperto questo nesso molto stretto: molti di coloro che da adulti si ritrovano dietro le sbarre, reali o percepite che siano, sono ragazzi o ragazze che hanno abbandonato la scuola prematuramente, o perché allontanati o perché non si sono sentiti accolti o perché costretti dalla famiglia. Tutte le persone a cui ho fatto scuola in carcere lamentavano un cattivo rapporto e pessimi ricordi di scuola.

Dalla scuola passa ogni cittadino, quindi deve essere un’occasione non solo di istruzione e formazione, ma anche per riaprire partite che la società o la famiglia vorrebbero già chiuse, un’occasione per avviare processi di inclusione su cui i docenti devono sforzarsi di incidere in modo positivo. Quest’idea di fondo, anche se molto personale, mi ha spinto a interessarmi di disagio, dispersione e disturbi comportamentali, tematiche molto complesse sulle quali non dobbiamo smettere di interrogarci, fare ricerca, sperimentare… Ritengo che solamente scuola, famiglia e contesto cittadino insieme, collaborando, possano creare una società più accogliente e solidale.

Non mi sono mai occupata di politica, ma ho deciso di provare a mettermi in gioco con “Una mano per Nonantola” perché credo che insieme, in modo trasparente e concreto, con le nostre differenze e secondo le nostre competenze, possiamo far compiere uno scatto in avanti alla qualità della vita, al senso di giustizia, alla coesione e alla bellezza della nostra comunità.